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mercoledì 22 gennaio 2014

Berlingaccio e berlingozzo


Nella Firenze del Cinquecento il verbo "berlingare" era sinonimo di far baldoria a tavola, dopo aver mangiato e bevuto a sazietà. E' facile indovinare, allora, perché il Berlingaccio, ultimo giovedì di carnevale, abbia questo nome: è il giorno che chiude un periodo di allegria sfrenata e di eccessi prima che la Quaresima metta  tutti a stecchetto.
Per sottolineare l'atmosfera di bagordi è nato anche il famoso detto "Per Berlingaccio chi non ha ciccia ammazzi il gatto", ovvero anche chi è così povero da non potersi permettere di mangiar carne, segno di opulenza e di vita da signori, se la deve procurare ad ogni costo! E allora, insieme a bistecche e fritto misto, schiacciata alla fiorentina a volontà, cenci sommersi da zucchero a velo, coriandoli, stelle filanti  e fiumi di vino Chianti.
E per completare l'opera una bella fetta di Berlingozzo, una torta a forma di ciambellone originaria di Lamporecchio, patria anche dei più famosi brigidini, signori delle sagre paesane di tutta la Toscana.


  
La ricetta del berlingozzo è molto antica, se ne trovano tracce già nei poemi dell'epoca di Lorenzo il Magnifico, anche se allora non veniva consumato alla fine del pranzo  ma come antipasto. Si può preparare con molta facilità con uova, farina, zucchero, scorzette di limone, latte e lievito, il tutto ben amalgamato e messo a cuocere per un'oretta a 180°.

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