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sabato 14 settembre 2013

I Medici erano medici per davvero?



L'alchimia è una cultura con radici antichissime il cui nome venne usato per la prima volta da Giulio Firmico, contemporaneo di Costantino il Grande, per indicare una scienza segreta che inseguiva il sogno di poter trasformare i comuni metalli in oro, preparare medicinali che potessero curare tutti i mali e distillare elisir capaci di rendere l'uomo immortale. Questa pratica misteriosa aveva totalmente incantato la famiglia Medici, soprattutto Cosimo I che con i figli Ferdinando e Francesco "si affaccendava intorno ad un'immensa varietà di fuochi, di fucine, di fornelli e lambicchi", come riporta fedelmente in suo reportage del 1561 l'ambasciatore veneziano Vincenzo Fedeli. 
Il laboratorio dell'Alchimista di Giovanni Stradano con l'immagine di Francesco I,  in basso a destra

Le preparazioni sperimentate dal granduca erano di ogni tipo: pastiglie impastate con la terra dell'isola d'Elba per curare gli sbocchi di sangue e le febbri, un olio ricavato dal veleno di migliaia di scorpioni contro la peste, e poi pomate, unguenti e balsami per sfidare ogni tipo di malattia. Don Antonio de’ Medici, figlio di Francesco I, portava un pendente di perla all’orecchio sinistro per curare una malattia agli occhi, mentre i denti di squalo finemente triturati guarivano dagli attacchi di epilessia. Un profumo straordinario, capace di incantare chiunque lo odorasse, si poteva ricavare invece dalle ghiandole dello zibetto, un mammifero africano che veniva allevato proprio per questo motivo in grandi serragli nel palazzo mediceo. 
La prima "fonderia" era in Palazzo Vecchio, ma in seguito fu trasferita nel Casino di San Marco dove artisti, artigiani, distillatori e scienziati almanaccavano i più strani esperimenti, sia in campo farmacologico che in quello della lavorazione della ceramica, del vetro e dei metalli. Francesco, sotto la guida di abili maestri, creò addirittura una porcellana artificiale che venne chiamata, in suo onore, "porcellana medicea". A partire dal 1586 l'officina migrò agli Uffizi, dove rimase per circa duecento anni. Nel Seicento era rinomatissima per la sua produzione farmaceutica, pregio che durò fino alla metà del Settecento: i medicinali venivano inviati, in cofanetti d'ebano e in boccette preziose, come regali prodigiosi ai  nobili più importanti e a tutti i sovrani d'Europa e di paesi lontani.






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