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venerdì 13 settembre 2013

Una casa per i "pazzarelli"

La Casa Pia di Santa Dorotea dei Pazzarelli


Nell'antichità le malattie mentali erano considerate come una punizione divina, non si sa per quali colpe commesse, tant'è che il povero pazzo aveva non solo da portarsi addosso il peso della sua condizione psichiatrica ma anche il dileggio e l'odio della società. Coloro che erano affetti da demenza, da depressione e da schizofrenia venivano trattati peggio degli appestati: emarginati, derisi, picchiati a sangue e lasciati a morire di fame, di sete e di freddo per le strade come cani rognosi.  Spesso finivano nel carcere delle Stinche o in quello della Fortezza da Basso dove iniziavano la feroce terapia di incatenamento che doveva servire a sedare gli accessi di furore, sicuri che una potente repressione fisica potesse calmare i bollenti spiriti di "quell'ossessi". Gli ospedali li cacciavano via perché non degni di essere curati, i familiari si guardavano bene da tenerseli in casa visto che erano dei "maledetti" , marchiati a fuoco da satana, e perfino i compagni di cella preferivano stare con i criminali peggiori che in loro compagnia. Un frate carmelitano del convento di Santa Maria Maggiore, Alberto Leoni da Mantova, ispirato dal Signore, fece sua la loro infelicità e decise di fondare una casa di accoglienza per tutti i malati di mente. Con l'aiuto dell'Arcivescovo fiorentino Pietro Niccolini, che appoggiò pienamente l'opera misericordiosa, si diede anima e corpo ad attuare ciò che la bontà divina gli aveva suggerito. Purtroppo, morì troppo presto per veder concretizzato il suo sogno, ma un altro frate, Giovanni Antonio Diciotto da Bergamo, raccolse l'eredità del confratello e ne portò avanti il progetto. Finalmente il 6 febbraio 1643 fu acquistata una casetta in via Ghibellina al Canto della Mela dove poterono essere ricoverati tutti quei poveretti "di non sana mente, chiamati volgarmente pazzi" che fino ad allora venivano tormentati, uccisi e reietti dalla società. 




Lo stabile, fino ad allora, era stato un collegio di fanciulle orfane affidate alla protezione di Santa Dorotea e ne mantenne immutato il nome, con l'aggiunta di Casa Pia dei Pazzarelli a indicare chi erano i nuovi abitanti. L'istituto, diretto e amministrato da un prete secolare con l'ausilio di dodici gentiluomini, era aperto sia alle donne che agli uomini e prevedeva il pagamento di una piccola retta e coloro che non potevano permetterselo veniva trasferito nella "pazzeria" annessa a Santa Maria Nuova. Ben presto si presentò il problema del sovraffollamento, tanti erano i ricoverati, e nel 1753 fu trovata una nuova sede, l'antico Ospedale di San Niccolò del Ceppo che era stato soppresso nel 1541.


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