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mercoledì 20 novembre 2013

Anche il Führer amava Firenze...



Hitler aveva sempre sognato di vedere Firenze. Affascinato dalla ricchezza artistica della cultura toscana, approfittò del suo viaggio in Italia per ammirare quelle bellezze che aveva visto solo in fotografia: il 9 maggio 1938 giunse in visita ufficiale nella città di Dante con un treno proveniente da Roma e fu accolto trionfalmente, con tanto di banda, fasci littori e bandiere, il tutto coronato da un tripudio di fiori. Ad attenderlo c'era il Duce in persona, attorniato dai più importanti funzionari e gerarchi fascisti. 



Per l'arrivo del Führer venne istituito uno speciale Comitato dei Festeggiamenti che provvide a rimettere a nuovo ogni angolo della città, ritinteggiando facciate, ricoprendo con enormi stendardi musei e palazzi, illuminando con una serie di lampioni di ultima generazione viali e strade. 







Nel giardino di Boboli l'Opera Nazionale del Dopolavoro ricreò la magica atmosfera dei quattro principali giochi storici della Toscana: il calcio Fiorentino, la Giostra del Saracino di Arezzo, il Palio di Siena e il Gioco del Ponte di Pisa, avvalendosi di oltre 2000 figuranti.






Un lungo corteo di auto e motociclette scortò la vettura di Hitler durante tutto il tragitto che lo portò a Palazzo Pitti, a Santa Croce, in Piazza Signoria, a Palazzo Medici Riccardi e, infine, al Teatro Comunale. 

Mussolini non lo abbandonò un solo istante, facendosi ritrarre spesso in atteggiamenti amichevoli e sereni che dovevano mettere in luce l'amicizia e la cordialità fra le due nazioni alleate, forti e vittoriose. 


La giornata fu un continuo susseguirsi di emozioni e di esaltazione, ma fu alla sera che il tripudio giunse davvero all'apice: dopo una ricca cena alla quale intervennero tutti i più importanti nomi di politici ed intellettuali, Hitler si recò a teatro dove fu eseguito, in suo onore, un concerto con le musiche tratte dal Simon Boccanegra, diretto dal maestro Vittorio Gui.







Era ormai mezzanotte quando Hitler lasciò Firenze, tra le acclamazioni del popolo e le cascate scintillanti dei fuochi di artificio che lo salutarono fino alla partenza per Berlino. 


Di ben altro stampo fu la visita successiva, il 28 ottobre 1940, quando la guerra aveva ormai cominciato a segnare inesorabilmente le sorti del paese e a precipitare l'Italia in uno dei periodi più terribili della sua storia.

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