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sabato 16 novembre 2013

Le acque chete rovinano i ponti...



Una delle commedie in vernacolo più conosciute e amate, non solo a Firenze, ma anche nel resto d'Italia è sicuramente "L'Acqua Cheta" trasformata poi in operetta con le musiche di Giuseppe Petri. 


Augusto Novelli la scrisse nel 1908 per la celebre compagnia di Andrea Niccoli che recitava al teatro Alfieri di via Pietrapiana e fu subito acclamata dal pubblico e dalla critica. La trama è molto semplice, quasi ingenua, ma più che l'intreccio della commedia, contano le atmosfere, il sapore di una Firenze d'inizio Novecento che ormai, purtroppo, non c'è proprio più.



L'azione si dipana nel quartiere di san Niccolò e vede protagonista una tipica famiglia toscana formata dal babbo, il sor Ulisse, che fa il fiaccheraio aiutato da Stinchi, dalla mamma, la sora Rosa, e dalle loro figlie Anita ed Ida. Le ragazze hanno un carattere diametralmente opposto: Anita è schietta, diretta ed ama, alla luce del sole, un falegname, Cecco, che non è ben visto dai suoi perché è solo un umile artigiano; Ida, al contrario, è schiva e sottomessa, ma in realtà, è proprio quell'acqua cheta che silenziosamente "rovina i ponti" e che darà grandi preoccupazioni a tutti. Basterà l'arrivo di un bel giovanotto, garbato ed elegante, stimato solo per come si presenta, a rovesciare le sorti e le apparenze: Ida scapperà con lui, tradendo la fiducia dei genitori, mentre Cecco e Anita, con la loro intelligente generosità, riusciranno a riportare a casa la fuggitiva. Come in tutte le belle favole, l'epilogo è lieto e sereno: le due coppie avranno la benedizione di Rosa ed Ulisse e non dovranno più nascondere il loro amore.



La morale sembra uscire da una favoletta di Esopo: non sempre le cose sono come sembrano e quelli che appaiono tanto perbenino forse hanno qualcosa da nascondere...
Dalla prima messa in scena ad oggi la commedia ha avuto innumerevoli rappresentazioni, sia nella sua versione classica che come operetta, subendo malauguratamente tante di quelle trasformazioni che l'hanno snaturata e involgarita, con battute infilate a forza per far ridere la gente o, peggio, con tagli di copione che ne hanno trasfigurato la naturale scorrevolezza.
Di fatto, ormai, di "acque Chete" ne esistano tante e con ispirazioni diverse, ma la vera ed unica è sempre quella che sgorgò dallo spirito brillante e arguto di Novelli, padre del teatro in vernacolo fiorentino.

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