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lunedì 19 ottobre 2015

Una passeggiata alle Cascine del Riccio

Quando a Firenze si parla delle Cascine non importa dare tante spiegazioni perché tutti conoscono cosa sono e dove si trovano. Ma se alla parole “cascine” si aggiunge “del riccio” ecco che più di un fiorentino non sa di cosa si stia parlando.




Le Cascine del Riccio è un borgo antichissimo che si trova al crocevia di tre comuni, Firenze, Impruneta e Bagno a Ripoli, ai piedi delle Cave di Monteripaldi attive già dal 1330. 

Le prime notizie storiche dell'abitato risalgono al 1312 quando Enrico VII di Lussemburgo, nel tentativo di aiutare i Bianchi, cinse d'assedio Firenze, accampandosi sul torrente Ema che getta le sue acque nel più ben noto fiume Greve. Fu proprio a quell'epoca che la ricca e potente famiglia Bardi, proprietaria di una lussuosa villa in via delle Cinque Vie e patrona di Monteripaldi, dette asilo ad un gruppo di popolani sfollati, proteggendoli durante l'invasione delle truppe imperiali. Qualche anno dopo, ai Bardi, subentrarono i Ricci, originari di Prato, che possedevano diverse cascine per la produzione del latte nella zona di Pozzolatico di cui a testimonianza ancora resta, in via San Michele a Monteripaldi, un elegante palazzo dalla facciata cinquecentesca nato intorno ad una possente torre medievale che domina la valle.





Un documento risalente al 1363 riporta che erano più di dodici le famiglie residenti nella zona per un totale di una quarantina di persone, tutti dediti al lavoro dei campi. Ma Il vero e proprio borgo detto "del Riccio" nacque dagli scalpellini delle cave di Monteripaldi che costruirono le loro case sulla sponda destra dell'Ema intorno ad un ponte medievale ad arcate battezzato "Iozzi" a causa degli orci (osoli) imprunetani che venivano trasportati verso Firenze proprio attraverso quell'antico passaggio. 



La cava, che forniva preziosa pietraforte per la lastricatura delle strade fiorentine e la costruzione dei più bei palazzi e chiese della città, fra cui il Bargello, Santa Croce e Santa Maria Novella, venne chiusa nell'Ottocento e gran parte di coloro che vi lavoravano dovette trovarsi una nuova occupazione, tornando a fare il contadino nei poderi o improvvisandosi lavandaio, in concorrenza con la vicina Grassina, "paese delle lavandaie", che aveva l'onore di ricevere i capi più fini e preziosi dalle famiglie nobili e benestanti di Firenze. Durante la Seconda Guerra Mondiale il ponte Iozzi fu fatto saltare in aria dai Tedeschi in ritirata, ma subito le forze alleate lo ricostruirono in poche ore con un'energia incredibile, anche se oggi è stato sostituito da una struttura in cemento armato che niente ha a che fare con quello medievale.


Anche se gli iozzi dei catinai non ci passano più, il nome non è mai mutato nel tempo e ha battezzato anche un tratto della breve strada che si dipana sul confine dell'Impruneta.

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