Traduttore simultaneo

mercoledì 30 ottobre 2013

La nonna delle torri fiorentine




La Pagliazza, che si trova in piazza santa Elisabetta, è la torre più antica di Firenze, una vecchia signora salda e forte che ne ha viste passare di tutti i colori. Nata nel VI secolo, durante la dominazione bizantina, al tempo del capitano Giustino, poggia su antichissime fondamenta di epoca romana che cingevano una piscina delle terme secondarie di Florentia. Gli scavi archeologici hanno permesso di ritrovare parte del pavimento in laterizio e alcune pareti originarie. 


Dal XII secolo fu usata come carcere e da qui le venne il nome "pagliazza", per via dei pagliericci dove giacevano i prigionieri, prima solo donne (1285) e poi i nobili, dopo gli Ordinamenti del “Secondo Popolo” del 1293. 
La torre fu quindi destinata come campanile della chiesa di San Michele in Palco o Palchetto, ribattezzata nel '200 "Chiesa di Sant'Elisabetta", della quale restano solo labili tracce. La chiesa rimase tale fino al 1785, ma divenne poi abitazione civile, inglobata dalle altre case che la circondavano.



Un imponente restauro, diretto magistralmente dall'architetto Italo Gamberini, ormai risalente agli anni ottanta, ha riportato l'edificio all'aspetto che aveva, grossomodo, nel XV secolo, rifacendosi ad una illustrazione del Codice Rustici: dopo aver smesso la sua funzione di carcere, al pianterreno furono ricavate alcune piccole botteghe,  mentre i piani alti erano usati come magazzini ed appartamenti.
Codice Rustici


San Michele in Palco nella pianta del Buonsignori (1584)



All’interno  della torre è stato allestito un piccolo museo che ospita ceramiche e maioliche, dall’epoca romana al XVII secolo, rinvenute durante gli scavi. 


venerdì 25 ottobre 2013

Il Chianti





Il Chianti occupa una vasta area collinare tra Firenze e Siena, delimitata dai fiumi Arno, Elsa, Ombrone e Arbia, ed è conosciuto in tutto il mondo per la produzione del suo ottimo vino e per la struggente bellezza del paesaggio campestre, tutto un susseguirsi di ampie distese di vigneti ed oliveti, piccoli borghi, antiche pievi e case coloniche in pietra.




La parola "Chianti", apparsa solo dal Medioevo, ha varie interpretazioni etimologiche: da "clante", vocabolo etrusco che indicava sia il nome di illustri famiglie che popolavano la zona sia l'acqua piovana che permetteva alle viti di crescere, al più moderno verbo latino "clangor" ossia il rumore che si sentiva durante le battute di caccia che si svolgevano nelle foreste senesi.
In epoca medioevale il Chianti fu teatro di accese battaglie fra Firenze e Siena e, proprio in quel periodo, nacquero castelli e roccaforti che, 
quando i tempi tornarono più sereni, si trasformarono man, mano in ville e fattorie. La pace portò con sé una rinascita agraria che favorì una nuova organizzazione del lavoro tanto da indurre, nel 1716, il Granduca di Toscana Cosimo III a tutelarne il nome e a fissare in un bando i confini della zona di produzione, che ancora corrispondono approssimativamente agli attuali 70.000 ettari.  






Il documento più antico che riguarda il Chianti inteso come vino risale al 1398: non era ancora del bel colore rubino con il quale lo consociamo oggi, ma solo bianco e di non gran qualità. Dal 1400, invece, si ha notizia di un eccellente vino rosso, così esclusivo da essere addirittura ricercato da papi e regnanti.

















La zona del Chianti non ha dei confini ben definiti, ma in linea di massima comprende i comuni di Castellina, Greve, Gaiole, Radda e una parte dei comuni di Poggibonsi, Castelnuovo Berardenga, Barberino Val d’Elsa, Panzano in Chianti e San Casciano.





lunedì 21 ottobre 2013

Il giardino segreto





Il Piazzale Michelangelo è una delle mete irrinunciabili per chi viene a visitare Firenze, ma molti non sanno che, proprio alle spalle del David, c'è un meraviglioso giardino che ospita più di 2000 varietà di Iris, con una gamma di colori che vanno dal bianco candido al classico viola, dal giallo arancio al rosa carnicino fino ad arrivare all'azzurro più puro, luminoso come uno spicchio di cielo. Una scala fatta di pietre si snoda fra vialetti selciati, piazzole e scalinate, tutti immersi nel verde pacato di un oliveto con la sorpresa, dopo un po' di cammino e di salite e discese,  di un romantico un laghetto per la coltivazione delle ninfee.


Ogni anno viene organizzato un concorso internazionale che premia i nuovi esemplari tenendo conto della rigogliosità, della originalità e naturalmente del colore.
L'iris è il simbolo di Firenze fin dai tempi più remoti, forse per il gran numero di giaggioli bianchi e viola che crescono intorno alla città, oppure perché la città romana Florentia fu fondata proprio nei giorni dedicati alla dea Flora. incarnazione della Primavera.

Il periodo per visitare il "giardino dell'Iris" va dal 25 Aprile al 20 Maggio 2013, tutti i giorni , compresi i festivi. L'ingresso è gratuito.



domenica 20 ottobre 2013

Il tesoro di Ponte alla Carraia



C'era una volta, come si usa dire per raccontare una fiaba, un tesoro misterioso che un tale Morocchio, usuraio bestemmiatore e corrotto, nascose prudentemente sotto una pietra del Ponte alla Carraia. Non disse mai ad alcuno né il luogo preciso dove lo aveva seppellito, né cosa contenesse di preciso il forziere, certo che il suo oro non sarebbe mai stato scovato da nessuno. 


Il suo amico diavolo gli dette, prima di portarselo all'inferno, la facoltà di tornare a sorvegliare ogni notte il bottino: infatti, quando il sole era sceso dietro le belle colline toscane, Morocchio, sotto le spoglie di un caprone, spiava il passaggio della gente e, a quelli che si avvicinavano troppo al nascondiglio, gli riservava un feroce trattamento fatto di cornate e di calci.
«I renaioli pensavano che fosse un vero capro e quando tentavano di acchiapparlo per il pelo sputava fiamme e la maggior parte di loro morivano bruciati. Spesso rovesciava le loro barche e faceva tutti i danni possibili» (Charles Godfrey Leland, 1895).
Un giovane, furbo e coraggioso, a ora tarda venne a passare proprio davanti alla capra demoniaca e, senza farsi vincere dalla paura, la affrontò e la vinse. Morocchio, in un disperato tentativo di proteggere il bottino, andò a controllare che fosse ancora dove lo aveva lasciato e poi, in una nuvola di zolfo, si dileguò alle prime luci dell'alba. Il ragazzo, che aveva assistito alla scena, ritornò sul Ponte alla Carraia quando il giorno era ormai pieno e ricercò la pietra non murata che il caprone aveva smosso la notte precedente: come l'ebbe alzata, si ritrovò davanti ad una profusione di gioielli e pietre preziose che lo resero ricco fino alla fine dei suoi giorni!




venerdì 18 ottobre 2013

In viaggio per Firenze


Alla fine di marzo del 1770 un timido adolescente dai grandi occhi sognanti vide per la prima volta Firenze. Arrivò a sera tardi, con il padre Leopold, e prese alloggio in un albergo destinato ai forestieri di alto lignaggio, l'Aquila Nera, proprio vicino alla cattedrale di Santa Maria del Fiore. Dopo una scrupolosa ricerca d'archivio siamo oggi certi che l'albergo si trovava nella via de'  Cerretani, nell'attuale Palazzo del Bembo.


Due giorni dopo, atteso da Pietro Leopoldo d'Asburgo-Lorena, entrava a Palazzo Pitti, enorme e sontuosa dimora che sembrò quasi inghiottire la minuta figura del giovane musicista. Piccolo sì, ma solo di età e di statura visto che si trattava nientemeno che di Wolfgang Amadeus Mozart.


Ormai famoso ovunque per il suo straordinario talento, era stato invitato dai granduchi ad esibirsi in un concerto nella loro residenza estiva, la raffinata villa del Poggio Imperiale.

La sera del 2 aprile fu veramente memorabile: Amadeus suonò con così tanta bravura e sentimento da incantare tutti i presenti. 
In una lettera alla moglie, Lepold Mozart scrisse, fra l'altro: "... siamo stati condotti in carrozza nel castello fuori città, e vi siamo rimasti fino alle 10. Le cose sono andate come al solito e la meraviglia è stata tanto più grande in quanto Sua Ecc. il Marchese Ligneville .... miglior contrappuntista d`Italia, ha proposto al Wolfg. le fughe più difficili e gli ha sottoposto i temi più difficili, che il Wolfg. ha suonato ed eseguito come se si trattasse di bere un bicchier d`acqua”. E parlando della città, aggiunse, con un tono nostalgico: “Sono molto dispiaciuto che dobbiamo partire già venerdì prossimo alla volta di Roma. Vorrei che tu potessi vedere Firenze, i suoi dintorni e la posizione di questa città, diresti che è qui che si deve vivere e morire. In questi pochi giorni vedrò tutto quello che c'è da vedere”.