Nei tempi antichi, quando c'erano delle
imprese da raccontare, strane, romantiche o pietose che fossero, le
si mettevano in versi e si dava poi il compito ai cantastorie e ai
giullari di farle entrare nell'animo della gente. Miti, narrazioni e
leggende passavano così di bocca in bocca e diventavano parte della
cultura popolare, spesso fondendo immaginazione e realtà per
ammantare la vicenda di un alone più affascinante. Chiacchiere di
dame e di garzoni, scherzi, avventure di gentiluomini e artisti,
tutto diventava fertile materiale per favole e poemi, come le novelle
del Boccaccio e del Sacchetti che affondano le radici su fatti
realmente accaduti, abilmente poi riaggiustati per renderli più
appassionanti. Una delle vicende amorose che ha varcato i confini del
tempo è, senza dubbio, quella di Ginevra degli Amieri. Firenze,
anno del Signore 1396. La peste era arrivata in città molti anni
prima, ma ancora non si contavano le vittime che la Morte Nera
continuava a falciare inesorabilmente.
Fra le poche casate rimaste fatalmente in piedi, spiccava quella degli Amieri che aveva perso quasi tutti i suoi discendenti tranne il capostipite Bernardo e sua figlia Ginevra. La bella diciottenne, colta e intelligente, piaceva a quasi tutti i giovanotti fiorentini, ma il padre, senza chiedere il suo parere, l'aveva promessa in sposa a Francesco Agolanti, ricco rampollo di una famiglia di commercianti.
Inutile dire, come nel miglior romanzo passionale, che la ragazza era segretamente innamorata di un altro e, per complicare le cose, il giovane, tale Antonio Rondinelli, era anche popolano e di non alto lignaggio. Ma questo matrimonio s'avea da fare e si fece. Dopo la cerimonia, con ancora l'abito bianco addosso, Ginevra ebbe un collasso e fu creduta morta. Tristemente, ma anche velocemente per il sospetto che fosse stata uccisa dalla peste, fu trasportata con il cataletto in una cripta vicino a Santa Reparata.
Durante la notte, Ginevra si svegliò dal profondo sonno e si accorse, con orrore, di essere attorniata da scheletri e cadaveri putrescenti. Con la forza della disperazione, riuscì a smuovere la pesante lastra di marmo che chiudeva l'avello e a uscire all'aperto. Non si sa come, si trascinò dapprima al palazzo del marito e poi alla casa di suo padre, chiedendo aiuto, ma tutti e due gli chiusero porte e finestre in faccia credendola una spettro in cerca di vendetta. Quasi svenuta, bussò allora al portone del Rondinelli che subito la riconobbe e, con infinite cure, le ridette salute e serenità. La notizia che Ginevra era ritornata in vita si sparse presto per tutta la città e Francesco Agolanti si diede da fare per riprendersi la moglie “resuscitata”, denunciandola addirittura al Tribunale Ecclesiastico. Convocata dal Vicario del Vescovo, Ginevra raccontò per filo e per segno la sua incredibile
vicenda e anche grazie alle tante testimonianze in suo favore, fu
ritenuta innocente e liberata dal vincolo che la legava al marito.
Potè così finalmente congiungersi ad Antonio che mai aveva smesso
d'amarla e, come cantò un ignoto rimatore, ”vissono gran tempo in
festa e 'n gloria, al vostro onore è finita l'istoria”.
Ora, veniamo a noi: sarà tutto vero o
è pura fantasia? Molti scrittori del passato si sono messi ad
analizzare il poema punto per punto, riuscendo perfino ad individuare
il vicoletto da dove era passato il corteo funebre, al fianco della
Misericordia: ora si chiama via del Campanile, ma sembra che il nome
primitivo fosse via della Morta, in ricordo del triste trasporto del
corpo di Ginevra verso la tomba. E ancora, qualcuno aveva
rintracciato la lapide non murata vicina al Duomo che per molti
secoli recava le iniziali G.A., poi cancellate dal viavai della gente
e dai restauri del lastricato che si sono succeduti negli anni.
Luogo dove presumibilmente era la tomba di Ginevra |
Il solito avvocato del diavolo mette,
però, tutto in discussione soprattutto soffermandosi sulla facilità
con cui la Curia Arcivescovile avrebbe reso nullo il primo matrimonio
e autorizzato tranquillamente il secondo, come nulla fosse,
specialmente in un'epoca in cui per chiudere una storia si ricorreva
più facilmente all'uxoricidio che alla Chiesa...
Comunque sia andata, in questo mondo
così sterile di sentimenti, è bello credere ad una storia d'amore
che è riuscita a sconfiggere persino la morte e ad arrivare
immutata fino a noi, nonostante l'incedere del tempo.