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venerdì 13 novembre 2015

Camilla Martelli, la granduchessa mancata.


Cosimo I
Il Granduca Cosimo I, dopo la morte dell'adorata Eleonora di Toledo, non fu più lo stesso. Nonostante fosse ancora abbastanza giovane, non si sentiva più forte e aitante come un tempo e invano cercava di colmare il gran vuoto lasciato dalla moglie con avventurette passionali, malviste dai figli e dalle nuore, la più nota delle quali resta quella con Leonora degli Albizi da cui ebbe un figlio, Giovanni. Precocemente consumato, sempre più irascibile e tormentato dalla gotta e da problemi circolatori, Cosimo dovette mettere fine a quel suo continuo volare di fiore in fiore. Quando nel 1567 conobbe Camilla Martelli capì subito che era quella la donna che gli ci voleva per fermarsi e, dopo appena un anno di fidanzamento segreto e una bimba in arrivo, convolò a giuste nozze, più per mettere a tacere le chiacchiere che per un reale bisogno esistenziale. “Vo' cavare lei e me di peccato” scriveva Cosimo al furibondo figlio Francesco “e chiarire al mondo ch'è mia moglie. Lo fo per la quiete dell'anima e del corpo...”.

Camilla Martelli
Camilla, di soave bellezza e di cortesi maniere, sembrava essere nata apposta per lenire le pene del Granduca e ammorbidire il suo caratteraccio da despota. Era servizievole, affezionata, gentile, ma soprattutto incurante dei molti anni che correvano fra lei e il marito. C'era poi la piccola Virginia a stringere ancora di più quel legame e, chiuso ad ogni rimprovero della sua famiglia, Cosimo continuò ad andare dritto per la sua strada, con la giovane favorita al fianco. Ma Camilla, dopo qualche anno di serena convivenza, cominciò a diventare insofferente e collerica. Forse aveva agognato un futuro da protagonista, ma il marito la costringeva a vivere nell'ombra per non alimentare le antipatie della famiglia Medici, tenendola distante da ogni festa e celebrazione ufficiale. Purtroppo, nonostante l'atto di nozze fosse più che regolare, nessuno la considerava una vera e propria moglie a tutti gli effetti, ma solo una concubina che si era dovuta sposare per chiudere la bocca ai pettegolezzi, particolarmente quella di papa Pio V che aveva espressamente imposto a Cosimo di regolarizzare la sua posizione.
Villa di Poggio a Caiano

Per trovare un po' di riparo dalle tempeste che sconquassavano le loro vite, i coniugi si ritiravano spesso nella villa di Poggio a Caiano, un luogo di armonia e di serenità che più volte aveva rinfrancato l'anima stanca di Lorenzo il Magnifico. Ma anche lì Camilla, almeno a quello che riportavano i maligni servitori, non era lieta., sempre tesa e adirata con il compagno al quale rimproverava di essere assente, debole e musone. Altri testimoni, forse più compassionevoli o di parte, dipingevano invece una scena idilliaca con un continuo susseguirsi di premure e tenerezze tali da non gettare la minima ombra sulla loro felicità.

Il matrimonio di Cosimo e Camilla - Affresco di Casa Martelli


Probabilmente, come sempre, la verità sta nel mezzo. La giovane donna non poteva certo gioire di una vita così tetra e faticosa, disseminata di continue crisi del Granduca, vecchio leone addomesticato dalla malattia, ma ancora pieno di rabbia nel non potere più fare tutto a modo suo. Agli inizi del 1574 le condizioni di Cosimo peggiorarono ulteriormente, divenne quasi muto ed infermo, e nell'aprile dello stesso anno il principe rese l'anima a Dio. Camilla, rimasta sola e senza appoggio, dovette sottostare agli ordini di Francesco I che fece rinchiudere la matrigna nel monastero delle Murate, curata dalle tacite suore che, come lei, passavano la loro giornata “sepolte vive” nella clausura. Ma tante erano le intemperanze dell'indocile ventinovenne, che furono proprio le monache a chiedere di lasciarla andare altrove e fu così trasferita nel convento agostiniano di santa Monica, vicino alla chiesa del Carmine. Nuova casa, vecchio putiferio perché anche qui la Martelli dava in continue escandescenze, urlando notte e giorno che voleva tornare libera per potersi risposare e riscattare la sua infelice esistenza da eterna esiliata.. Finalmente, alla morte del nemico Francesco, Ferdinando I le permise di andare a vivere nella villa di Lappeggi, in aperta campagna. Tutto andò bene per i primi tempi, poi ricominciò il solito finimondo: grida, insulti, nevrosi di ogni genere e poi una follia definitiva, ma così grave e potente da doverla rinchiudere di nuovo in Santa Monica dove si spense, a quasi novant'anni, nella dissennata convinzione di essere stata una delle più amate granduchesse di Firenze.

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