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Cosimo I |
Il Granduca Cosimo I, dopo la morte
dell'adorata Eleonora di Toledo, non fu più lo stesso. Nonostante
fosse ancora abbastanza giovane, non si sentiva più forte e aitante
come un tempo e invano cercava di colmare il gran vuoto lasciato
dalla moglie con avventurette passionali, malviste dai figli e dalle
nuore, la più nota delle quali resta quella con Leonora degli Albizi
da cui ebbe un figlio, Giovanni. Precocemente consumato, sempre più
irascibile e tormentato dalla gotta e da problemi circolatori, Cosimo
dovette mettere fine a quel suo continuo volare di fiore in fiore.
Quando nel 1567 conobbe Camilla Martelli capì subito che era quella
la donna che gli ci voleva per fermarsi e, dopo appena un anno di
fidanzamento segreto e una bimba in arrivo, convolò a giuste nozze,
più per mettere a tacere le chiacchiere che per un reale bisogno
esistenziale. “Vo' cavare lei e me di peccato” scriveva Cosimo al
furibondo figlio Francesco “e chiarire al mondo ch'è mia moglie.
Lo fo per la quiete dell'anima e del corpo...”.
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Camilla Martelli |
Camilla, di soave
bellezza e di cortesi maniere, sembrava essere nata apposta per
lenire le pene del Granduca e ammorbidire il suo caratteraccio da
despota. Era servizievole, affezionata, gentile, ma soprattutto
incurante dei molti anni che correvano fra lei e il marito. C'era poi
la piccola Virginia a stringere ancora di più quel legame e, chiuso
ad ogni rimprovero della sua famiglia, Cosimo continuò ad andare
dritto per la sua strada, con la giovane favorita al fianco. Ma
Camilla, dopo qualche anno di serena convivenza, cominciò a
diventare insofferente e collerica. Forse aveva agognato un futuro da
protagonista, ma il marito la costringeva a vivere nell'ombra per non
alimentare le antipatie della famiglia Medici, tenendola distante da
ogni festa e celebrazione ufficiale. Purtroppo, nonostante l'atto di
nozze fosse più che regolare, nessuno la considerava una vera e
propria moglie a tutti gli effetti, ma solo una concubina che si era
dovuta sposare per chiudere la bocca ai pettegolezzi, particolarmente
quella di papa Pio V che aveva espressamente imposto a Cosimo di
regolarizzare la sua posizione.
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Villa di Poggio a Caiano |
Per trovare un po'
di riparo dalle tempeste che sconquassavano le loro vite, i coniugi
si ritiravano spesso nella villa di Poggio a Caiano, un luogo di
armonia e di serenità che più volte aveva rinfrancato l'anima
stanca di Lorenzo il Magnifico. Ma anche lì Camilla, almeno a quello
che riportavano i maligni servitori, non era lieta., sempre tesa e
adirata con il compagno al quale rimproverava di essere assente,
debole e musone. Altri testimoni, forse più compassionevoli o di
parte, dipingevano invece una scena idilliaca con un continuo
susseguirsi di premure e tenerezze tali da non gettare la minima
ombra sulla loro felicità.
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Il matrimonio di Cosimo e Camilla - Affresco di Casa Martelli |
Probabilmente, come
sempre, la verità sta nel mezzo. La giovane donna non poteva certo
gioire di una vita così tetra e faticosa, disseminata di continue
crisi del Granduca, vecchio leone addomesticato dalla malattia, ma
ancora pieno di rabbia nel non potere più fare tutto a modo suo.
Agli inizi del 1574 le condizioni di Cosimo peggiorarono
ulteriormente, divenne quasi muto ed infermo, e nell'aprile dello
stesso anno il principe rese l'anima a Dio. Camilla, rimasta sola e
senza appoggio, dovette sottostare agli ordini di Francesco I che
fece rinchiudere la matrigna nel monastero delle Murate, curata dalle
tacite suore che, come lei, passavano la loro giornata “sepolte
vive” nella clausura. Ma tante erano le intemperanze dell'indocile
ventinovenne, che furono proprio le monache a chiedere di lasciarla
andare altrove e fu così trasferita nel convento agostiniano di
santa Monica, vicino alla chiesa del Carmine. Nuova casa, vecchio
putiferio perché anche qui la Martelli dava in continue
escandescenze, urlando notte e giorno che voleva tornare libera per
potersi risposare e riscattare la sua infelice esistenza da eterna
esiliata.. Finalmente, alla morte del nemico Francesco, Ferdinando I
le permise di andare a vivere nella villa di Lappeggi, in aperta
campagna. Tutto andò bene per i primi tempi, poi ricominciò il
solito finimondo: grida, insulti, nevrosi di ogni genere e poi una
follia definitiva, ma così grave e potente da doverla rinchiudere di
nuovo in Santa Monica dove si spense, a quasi novant'anni, nella
dissennata convinzione di essere stata una delle più amate
granduchesse di Firenze.
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