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domenica 4 agosto 2013

Arti e mestieri





Le corporazione delle Arti e dei Mestieri erano delle associazioni che nacquero, a partire dal XII secolo, per disciplinare e proteggere le diverse categorie professionali.
La prima di cui si ha notizia certa è quella di Calimala che risale al 1150: la corporazione importava tessuti di lana grezza che poi venivano lavorati a Firenze, migliorandone così tanto la qualità da renderli 'panni d'alto pregio', rivenduti a prezzi salatissimi sia in Italia che all'estero. Le corporazioni erano ventuno: sette per le
Arti Maggiori e quettordici dedicate alle Arti Minori.
Nel 1770 il granduca di Toscana Pietro Leopoldo abolì tutte le Arti, lasciando in vita solo quella dei Giudici e dei Notai, che continuò ad esistere fino al 1777.




L'Arte dei Mercatanti, o di Calimala, sembra è stata la prima associazione della Firenze medievale. Il nome 'calimala' ha un'etimologia incerta; ci sono varie interpretazioni, tutte calzanti, ma nessuna sicura. Forse la più credibile è quella che trova le radici in 'callis mala' ossia strada malfamata, dove era facile essere raggirati dai mercanti, tanto che un "tale si doleva di aver perduto il fiore del suo patrimonio con un mercante di Calimala" (Codice Riccardiano).
Dino Compagni, invece, fa derivare il nome dal greco 'kalos mallos', cioè 'bella lana', in onore alle meravigliose e pregiate stoffe apprezzate in tutto il mondo.
I tessuti, dopo essere stati passati alla rasatura, cimatura e coloritura, venivano misurati con 'la canna di Calimala', una verga di ferro lunga 4 braccia corrispondente all'incirca a 2 metri e 30 centimetri e poi affidati ai venditori che le facevano pagare tre volte il loro valore.



L'Arte dei Giudici e Notai era una delle Arti Maggiori e pur non rivestendo un ruolo commerciale vero e proprio, era sicuramente la più importante visto che al suo interno si eleggeva il Proconsolo, il magistrato che stava a capo di tutte le consorterie e doveva giudicare le controversie che sorgevano nelle corporazioni.
I giudici medievali, durissimi e implacabili, destinavano ai condannati delle pene severissime, dopo atroci torture: i bestemmiatori venivano frustati senza pietà, ai ladri e agli spergiuri veniva mozzata la mano, impiccati e decapitati tutti gli altri, a parte gli omosessuali che venivano evirati...
I notai, molto più tranquilli e ritirati, svolgevano il classico lavoro d'ufficio che prevedeva la registrazione di contratti, inventari, rogiti e testamenti.



L'Arte della Lana era la corporazione che contava il maggior numero di lavoratori, come riporta anche Machiavelli nelle sue Istorie Fiorentine "era quella di tutte le Arti che aveva ed ha più sottoposti, la quale per essere potentissima è la prima per autorità di tutte". Con i suoi guadagni, riuscì a superare per ricchezza perfino la prestigiosa Calimala, finchè nel Quattrocento emerse la potenza dell'Arte della Seta che si pose al primo posto assoluto.
I lanaioli acquistavano la lana grezza, la sgrassavano mettendola a bagno nell'orina, poi la bastonavano energicamente per renderla morbida, infine la filavano, tessevano e la tingevano.
Le pezze così ottenute potevano finalmente entrare in bottega, pronte per essere acquistate dai cittadini e dai mercanti.



L'Arte della Seta aveva delle regole di comportamento rigidissime, pena l'esser cacciati dall'associazione: non si poteva lavorare né mercanteggiare fuori di Firenze, vietato in assoluto l'uso di candele e lumi ad olio per il pericolo di incendiare le stoffe e trasmettere poi le fiamme a tutte la bottega e, via via, ad interi isolati fiorentini.
I setaioli producevano damaschi e broccati molto preziosi, spesso intessuti con fili d'oro e d'argento, richiestissimi da una clientela 'd'elite' che desiderava dei prodotti perfetti sia esteticamente che nella qualità dei filati. La stoffa non doveva presentare alcuna malefatta tanto che le tessitrici, se perdevano un punto dell'ordito, dovevano riprendere poi a occhio i fili che erano sfuggiti: "... si ripigliano i fili a occhio e croce, e si rimettono in tirare ripigliando ogni portata, filo per filo, e si rinverga di nuovo la croce, che fu svergata. E facciamo questo a occhio e croce, perchè que' fili si riprendono a occhio, e non per regola come si farebbe nell' ordire la tela". ("L'arte della seta in Firenze: trattato del secolo XV).
Da qui sembra derivi il famoso detto "ad occhio e croce" che sta a significare una valutazione abbastanza precisa ma sempre un po' approssimata e soggettiva.



Il medico medievale accudiva i suoi malati usando erbe curative e acque termali, badando alle fasi lunari e ricorrendo all'aiuto di sanguisughe e salassi. La malattia più diffusa per i ricchi dell'epoca,che mangiavano tanta carne e cibi opulenti, era la gotta, conosciuta infatti come "la malattia dei re". I cerusici la curavano con misture talvolta assurde, come nel caso di Lorenzo il Magnifico, morto di uricemia, che si vide propinare ogni sorta di miscuglio, comprese perle e pietre preziose finemente macinate e impastate con infusi d'erbe.
Gli speziali vendevano le erbe e le droghe necessarie alla preparazione dei medicinali, ma anche le spezie usate per scopi alimentari. E non finisce qui: nelle loro profumatissime botteghe si trovavano anche profumi ed essenze, i colori per tintori e pittori, cera per le candele, sapone, la carta da scrivere e l’inchiostro!
Tre nomi importanti entrarono a far parte della Corporazione: Dante Alighieri e i pittori Giotto e Masaccio.



L'Arte del Cambio raccoglieva, nella sua associazione, i cambiatori di denaro, i commercianti di pietre e metalli preziosi e tutti coloro che effettuavano prestiti per i commerci.
Dalla fine del Quattrocento, con le scoperte di nuovi mondi, i mercanti si trovarono a viaggiare in terre sconosciute per far provviste di tesori. Chiaramente non potevano portarsi dietro grandi somme per i loro traffici, così nacque la 'lettera di cambio' , antesignana della cambiale e degli assegni, che consentiva di trasferire il denaro da un posto all'altro, grazie a delle precise operazioni contabili.





L'Arte dei Vaiai e dei Pellicciai fu l'ultima, in ordine cronologico, ad entrare a far parte delle Corporazioni medievali. La lavorazione delle pellicce, come quella della seta, era destinata ai ceti di alto rango, sia per il costo in sè, che per il valore simbolico che rappresentava. Infatti, solo i ricchi potevano permettersi di adornare mantelle, abiti e copricapi con le pelli di ermellini, visoni e lupi, mentre il popolo minuto doveva accontentarsi del vello di capra, ritenuto volgare dai pellicciai di lusso e destinato unicamente ai cerbolattari, lavoratori di materiali di basso pregio, esclusi a priori dall'elenco degli artigiani dell'associazione.





Le Arti Minori, formate dagli artigiani e dai lavoratori addetti ai vari mestieri, erano quattordici: Arte dei Fornai, Arte degli Albergatori, Arte dei Legnaioli, Arte dei Linaioli e Rigattieri, Arte dei Maestri di Pietra e Legname, Arte dei Beccai (macellai e pesciaioli), Arte dei Calzolai, Arte dei Correggiai (cuoio), Arte degli Oliandoli e dei Pizzicagnoli (salumi e formaggi), Arte dei Cuoiai e Galigai (cuoio), Arte dei Vinattieri, Arte dei Corazzai e Spadai, Arte dei Chiavaioli e Arte dei Fabbri.

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