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domenica 11 agosto 2013

Un pane profumato e gentile


Quand'ero bambina il pan di ramerino non si trovava facilmente durante tutto l'anno perché era un dolce riservato quasi unicamente alla Settimana Santa. Non vedevo l'ora di arrivare al giovedì dell'Ultima Cena per respirare il suo tipico profumo, zuccheroso e speziato, che dava un senso di appagamento e di serenità. Sarà stato l'aroma del rosmarino, che blandisce e calma gli animi, sarà stata l'infanzia che mitizza tutto, oppure la benedizione che scendeva su quelle morbide pagnottelle prima di essere consumate, ma quell'appuntamento dal fornaio era per me davvero speciale. Di solito me lo comprava la nonna Beppina e si mangiava solo dopo essersi fatte il segno della Croce, in onore a Gesù Cristo che dopo poche ore si sarebbe immolato per salvare il mondo.


La  storia del pan di ramerino inizia già dal Medioevo quando si credeva che il rosmarino avesse virtù magiche tanto da poter scacciare gli spiriti maligni. Veniva arso, come adesso si fa con l'incenso, per purificare l'aria dalle energie negative e per propiziarsi fortuna  e benedizioni divine. 





La ricetta antica era molto semplice:  "ramerino macinato nel mortaio, passato per staccio, messo in un pentolino che sia pieno d'olio e poi messo in sulla pasta". 
Con il tempo, si è aggiunta l'uvetta e lo zucchero che, caramellandosi, dona quelcolore dorato e lucido caratteristico del panino.
L'impasto si fa con farina, lievito di birra, zucchero e acqua tiepida. Qualche volta vengono aggiunte anche latte e uova, per dare una maggiore morbidezza e sofficità.



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