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mercoledì 14 agosto 2013

L'hortus dei Rucellai



Nella storia di Firenze, quando si dice "arte", vengono subito a mente quadri, sculture e palazzi, non pensando spesso ai meravigliosi giardini che sono disseminati per la città come miraggi di pace e di ristoro. Naturalmente il più importante è Boboli, immenso parco di Palazzo Pitti voluto da Cosimo I per abbellire la sua residenza, ma ce ne sono altri meno noti e visibili che meritano comunque di essere ricordati.
Prendiamo, ad esempio, il Giardino degli Orti Oricellari,  una delle oasi più antiche e segrete nel quartiere di Santa Maria Novella. 


Il nome, così strano, sembra derivare dal capostipite della famiglia Rucellai, Alamanno, che era stato soprannominato Oricello perché aveva scoperto una tintura per i pannilani ricavata da varie specie di licheni chiamati appunto oricelli.
Il casino di delizia con hortus fu ideato da Bernardo Rucellai e da sua moglie Nannina, sorella maggiore di Lorenzo il Magnifico, alla fine del Quattrocento, per ospitare le riunioni dell'Accademia Platonica di Firenze della quale fece parte solo una ristretta cerchia di personaggi illustri come Machiavelli, Jacopo da Diacceto, papa Leone X e Luigi Alamanni. 
L'animo fiorentino, ardente e polemico, infiammava le discussioni, soprattutto quelle a favore della Repubblica, tant'è che l'Accademia fu fatta chiudere nel 1523, dopo numerosi fermi dei rivoltosi.
Il giardino rimase così chiuso per un lungo periodo finchè Bianca Cappello, favorita di Francesco I de' Medici, stanca del bel palazzo di via Maggio, decise di farne la sua dimora e di riportarlo agli antichi splendori. Così da Sylva Oricellare per gli intellettuali si trasformò in un paradiso di piacere  con spettacolari giochi d'acqua, fontane e statue mitologiche come il colossale Polifemo che beve dall'otre di Antonio Novelli, in muratura intonacata. 





La maliziosa Bianca, che amava stupire i suoi visitatori,  usava fare degli scherzi perfidi e strani agli ospiti e più di una volta ricorse ad una sorta di trappola ricoperta da erba e foglie per far precipitare gli amici in una botola dove erano attesi da trenta figuri mascherati da diavolo, a rappresentare un irreale inferno. Rimodernato nel Seicento per Giovan Carlo de' Medici, il giardino mutò quasi radicalmente nei primi anni dell'Ottocento quando il marchese Giuseppe Stiozzi Ridolfi lo fece mutare in giardino romantico dall'architetto Luigi Cambray Digny. Vennero così creati sentieri e piccoli laghetti, un tempietto e altri luoghi intimi in cui meditare, un insieme di strutture che, a prima vista, poteva sembrare "casuale", ma che era invece stato studiato in ogni minimo dettaglio per evocare emozioni e sentimenti.


Dopo l’Unità d’Italia, l'orto divenne di proprietà della principessa russa Olga Orloff che incaricò Giuseppe Poggi di ripristinarne lo stile originario: la statua del gigantesco Polifemo, che era stata tolta insieme ad altre sculture, venne quindi risistemata dentro uno degli specchi d'acqua, ora fatalmente prosciugato, ed è visibile dal cancello su via Orti Oricellari. Magnifiche sono le grotte seicentesche, di Polifemo e dei Bagni, con scene bucoliche formate da concrezioni spugnose, ora purtroppo in gran parte deteriorate,  ma ancor più degni di nota sono il Pantheon di de Cambray Digny che contiene sepolcri e oggetti appartenuti agli importanti intelletti che animarono il giardino ai tempi dell'otium, e la grotta sotto al palazzo adorna di nicchie decorate da conchiglie e spugne calcaree.

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