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venerdì 1 novembre 2013

La bottiglia di Leonardo



Tra le migliaia di bottiglie di vetro destinate agli usi più diversi, ce n'è una con un nome davvero strano: è la "bottiglia fiorentina", una sorta di alambicco panciuto, alto pressappoco 45 centimetri, con un'elegante linea slanciata di stampo rinascimentale. Essendo un apparecchio che serve alla distillazione, come denunciano i suoi due colli, uno lungo e sottile, l'altro ritorto, viene da chiedersi perché abbia meritato un nome così strano. La risposta va ricercata nel suo creatore, l'eclettico Leonardo da Vinci, che la disegnò per gli antichi farmacisti fiorentini del XVI secolo, dedicandola soprattutto agli speziali di Santa Maria Novella che la usavano per sublimare i loro preziosi profumi ed elisir.




Nel 1553, Caterina de' Medici, sposa di Enrico II, portò alla corte francese tutto quello che le era caro, dalle ceramiche alle stoffe fino ad uno stuolo di servitori ed esperti che dovevano ricreare il raffinato ed ingegnoso ambiente fiorentino anche in terra straniera. Tra piatti, tazze e caraffe, c'era anche lei, la "bottiglia fiorentina", subito apprezzata dai profumieri d'oltralpe per la sua capacità di separare egregiamente gli oli essenziali dall'acqua, tant'è vero che a Grasse, in Provenza, ne esiste ancora una, nella sala principale del Museo del Profumo. Se ne possono ammirare altri esemplari anche a Firenze, nell'Officina Profumo-Farmaceutica di Santa Maria Novella, ormai pensionate dopo tanti anni di onorato lavoro. Ben riposte nelle vetrine della Sala dell'antica Spezieria, fanno compagnia a tanti altri strumenti preziosi ed antichi con i quali sono stati create le inimitabili essenze, gli unguenti, i saponi che ancora oggi vengono preparati con la stessa perizia di allora.






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