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domenica 4 agosto 2013

Lo favellar volgare: modi di dire fiorentini tradotti e spiegati - capitolo secondo

"Essere stucco". 
E' stucco chi non si accontenta mai di nulla, quelle persone di gusti difficili. 
"I' mi' figliolo l'è stucco... un gli piace nulla da mangiare!"
ma "essere stuccato" significa essere nauseato, di situazioni o di cibo. 
"Quella brioscia (brioche) l'era troppo dolce: la m'ha stuccato".

"Fa' ridere i polli" per quella gente che è così ridicola da far riuscire a ridere anche una gallina, cosa alquanto improbabile!

"Far come Suor Onesta da Campi". 
Spiega il Salviati, uno dei fondatori dell'Accademia della Crusca, che: 
"quando era veduta faceva d'una ciliegia tre bocconi; quando no, inghiottiva un fegatello in uno". E' un personaggio che finge disinteresse, disappetenza e buone maniere quando viene vista dalla gente, ma se è sola...

"Che vo fa' i' chiasso?" ... che vuoi scherzare?

"Gli è pell'oche!" 
E' roba andata a male, da buttar via. La frase si riferiva, anticamente, al cocomero e altra frutta che, quando ormai erano marci, si potevano dare in pasto solo alle oche che mangiavano di tutto. Viene usata anche quando uno non ce la fa più a campare...

"Avere tutti i mali di Santa Maria Nuova". 


Essere in cattivo stato di salute. 
L'Ospedale di Santa Maria Nuova è il più antico ospedale ancora attivo di Firenze. 
Fu fondato nel 1288 da Folco Portinari, il padre di Beatrice amata da Dante. 
La struttura, destinata alla cura degli infermi, era suddivisa in due aree, femminile e maschile, dove potevano avere accoglienza circa duecento ricoverati.

"Brindellone" 
A Firenze il Brindellone è un carro che, con la sua smisurata altezza di circa 11 metri, si guadagna il simpatico appellativo usato dai fiorentini per indicare un giovanottone lungo, lungo e sgraziato. 
Il Brindellone ha il suo momento di gloria la mattina di Pasqua quando viene trainato, in Piazza Duomo, da due candidi buoi infiorati, proprio davanti alla Cattedrale. Un filo di ferro collega il carro all'altare maggiore e lungo questo filo è legata una colombina, che in realtà è un razzo, che porta nel becco un ramoscello d'olivo, simbolo di pace e di redenzione. 
Durante la messa, al "Gloria in excelsis Deo", l'Arcivescovo accende il razzo della colombina che scorre lungo il filo, percorrendo tutta la navata centrale per appiccare il fuoco ai mortaretti piazzati sul carro e torna indietro verso l'altare maggiore. 
La tradizione vuole che, se la colombina compie il percorso per intero e lo scoppio è perfetto, si preannuncia un anno positivo, soprattutto nel raccolto.




"Andare a Montedomini". 
Significa finire i propri giorni miseramente, in tutti i sensi. 
La Pia Casa di Lavoro di Montedomini era nata, per volere di Napoleone I, per risolvere il problema della piaga della mendicità, tramite la reclusione degli indigenti, degli accattoni e dei senza casa che affollavano le strade di Firenze.

"Tirati su le cioccie" dove "cioccie" significa seno. 
Si dice di una magrissima consolazione, che non da' alcuna soddisfazione.
"In cambio di quell'olio m'hanno dato mezzo chilo di pomodori..."
"Essai! Tirati su le cioccie... si son sprecati!"

"Chi ha i' culo nell'ortica spesso gli formìca!".
 Le persone che non hanno la coscienza pulita spesso ne pagano le conseguenze.. 
"Formicare" vuol dire prudere, proprio come se tante formiche passassero sulla pelle, pizzicandola.

"Essere un numero". 
Essere divertenti, buffi, simpatici.

"Infilassi in un ginepraio" significa cacciarsi in un pasticcio serio dal quale non si riesce più a uscire. Il ginepraio è un insieme di arbusti cespugliosi che impedisce di liberarsi, una volta che ci si è entrati in mezzo.

"Trasporto" sinonimo di funerale. 
"Domani c'è i' trasporto di' poero Gino. E ci devo ire!"

"L'ha' vorsuta la bicigretta? O pedala!"... (l'hai voluta la bicicletta? Ora pedala!). Ci si rivolge così a chi si è volutamente messo in una situazione pesante e ora se ne lamenta.

"Passa' da Buscheto!". Naturalmente Buscheto non esiste, è il luogo immaginario dove tutti ne "buscano" ossia vengono picchiati per castigo. Si usa soprattutto con i bambini birboni. 
"Ora tu mi fa' prendere i cocci! Che vo' passa' da Buscheto?"



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